Introduzione

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Un altro tema spesso presente nelle pagine degli Strugackij è quello del fascismo, che ricorre come un leit-motiv nei tre romanzi già citati. In queste opere gli eroi abbandonano il loro mondo utopico e si ritrovano in un mondo tragicamente reale, fascista. L’abbandono della Terra può essere volontario, come in È difficile essere un dio , dove Anton-Rumata viene mandato in missione; oppure accidentale, come nel caso de L’isola abitata , dove Maksim fa naufragio su un altro pianeta; o per errore, come nel caso di Anton e Vadim in Tentativo di fuga . Venendo tutti dallo stesso mondo, la Terra, Anton-Rumata, Maksim, Anton e Vadim devono obbedire alle stesse leggi dell’utopia, vale a dire non intervenire e contentarsi di osservare. Se in È difficile essere un dio gli eroi dell’utopia vivono sei anni in un’epoca fascista medioevale, quindi assai anteriore alla loro, ne L’isola abitata i due pianeti sono contemporanei, ma completamente separati nello spazio; in Tentativo di fuga il tempo gioca un ruolo molto più sottile, perché se i due eroi principali, Anton e Vadim, sono uomini del futuro, il terzo, Saul, è invece un uomo del XX secolo — un nostro contemporaneo — cosa che permette un’alternanza presente/passato con il futuro. Fra l’altro, la proiezione nel futuro del campo di concentramento in cui si trova Saul permette, attraverso le reazioni di Anton e Vadim, lontani discendenti di Saul, di denunciare con ancora maggior vigore il sistema.

Lo scarabeo nel formicaio , l’ultimo in ordine di tempo dei romanzi del ciclo “futuro”, iniziato dagli Strugackij con Mezzogiorno — XXII secolo (1967), si riallaccia anche ai romanzi a tematica “storico-sociologica” come Tentativo di fuga , attraverso L’isola abitata , prima parte di una trilogia su Maksim Kammerer, di cui Lo scarabeo costituisce il seguito. Dal primo romanzo proviene non solo Kammerer, ma anche l’altro protagonista, Rudolf Sikorski, Sua Eccellenza, entrambi con venti anni in più e ora non Progressori (specialisti per l’accelerazione dello sviluppo di civiltà arretrate di altri pianeti), ma collaboratori della Commissione di Controllo, il COMCON, che vigila perché la scienza, nel suo sviluppo, non rechi danno all’umanità della Terra. I due autori riprendono qui il tema del progresso già affrontato in altre opere (La lumaca sul pendio, I brutti cigni ) e approfondiscono la loro posizione: si oppongono apertamente al progresso obiettivo e necessario e fanno della morale il criterio supremo della storia. Il romanzo verte su una dicotomia: da una parte c’è il diritto del protagonista, Lev Abalkin, ad una vita normale, dall’altra il bene della civiltà terrestre. Per Arkadij e Boris Strugackij, anche nella società comunista del XXII secolo, è fondamentale la salvaguardia della singola vita umana. E a questo proposito i due autori formulano nel romanzo tutta una serie di interrogativi non meno attuali per noi che per gli uomini del futuro. È sempre un vantaggio per l’umanità la realizzazione di tutte le idee scientifiche? Come esercitare la funzione di controllo in un assetto sociale di autogoverno? Come si possono infine conciliare nella pratica gli interessi della società con i diritti e le libertà del singolo individuo? Contrariamente ad altre opere, Lo scarabeo non offre risposte precise, apre piuttosto il campo alla discussione e al dibattito.

Il romanzo ruota intorno alla figura di Lev Abalkin e al segreto della sua personalità. Nato da un’ovocellula abbandonata dai Nomadi dello Spazio, Abalkin potrebbe essere un automa, o, per lo meno, avere in sé un programma che si metterà in moto in un momento imprecisato. La minaccia rappresentata dai Nomadi risulta tanto più inquietante quanto più incomprensibili sono i loro scopi: la rovina o il bene dell’umanità o proprio l’uccisione di Abalkin!

Maksim Kammerer nega il diritto di uccidere in nome del progresso, mentre Rudolf Sikorski Sostiene la necessità di eliminare ogni pericolo, anche se potenziale. Per lui, la sicurezza della Terra è al di sopra di tutto, per cui l’uomo Abalkin passa in secondo piano rispetto al pericolo che può rappresentare. Inoltre, Sikorski odia i Nomadi dello Spazio e non sopporta di non poter sapere quali sono i fini che questa ultra-civiltà si propone. Il senso ultimo del romanzo è forse proprio nella situazione di Sikorski, nel suo vivere da quaranta anni come una formica terrorizzata perché nel formicaio è entrato uno scarabeo. La sua unica possibilità di tornare ad essere una persona libera sarebbe di accettare il suo ruolo di formica e di convincersi dell’innocuità dello scarabeo.

In questo romanzo i fratelli Strugackij riversano le inquietudini e le incertezze degli anni Ottanta, lasciando al lettore ogni possibile interpretazione. Non si sa se Abalkin sia veramente un automa programmato dai Nomadi, o semplicemente un uomo esasperato cui sia stata coscientemente rovinata la vita. Certo, potrebbe non essere solo un uomo, ma è indubbiamente anche un uomo. Non ha dubbi in questo senso Maja Glumova, che lo conosce dall’infanzia, non ha dubbi Maksim Kammerer, che ha letto i suoi rapporti sull’operazione “Il mondo morto”, non ne ha nemmeno Rudolf Sjkorski, anche se ciò è per lui di secondaria importanza rispetto al bene dell’umanità.

Lev Abalkin è il fattore risolutivo e, in ultima analisi, la vittima di una tragedia di cui è osservatore, narratore e commentatore Maksim Kammerer. Il ruolo del detective non sufficientemente informato è preso in prestito dagli Strugackij dalla letteratura poliziesca, e Kammerer lo esegue puntualmente, arrivando alla verità solo appena prima della catastrofe, e non riuscendo perciò a scongiurarla. Rudolf Sikorski è l’eroe di questo dramma che inizia nel momento stesso in cui egli accetta le regole del gioco dei Nomadi, nel momento in cui decide di lasciare i “trovatelli” all’oscuro delle loro origini e di manipolare il loro destino, allo stesso modo in cui ritiene che i Nomadi manipolino il destino degli uomini. In realtà Sikorski diffida non tanto dei “trovatelli” e dei Nomadi, quanto dei suoi stessi conterranei, della loro capacità decisionale, della loro lungimiranza, e perciò assume su di sé la maggior parte di responsabilità — un peso sotto cui è destinato a soccombere — per cui non gli rimane altro da fare che liberarsi di una parte del fardello, nella fattispecie, di Abalkin. Tutta la lunga catena di compromessi per evitare di giungere a una soluzione drastica (fin dall’inizio il Consiglio Mondiale aveva infatti escluso decisamente la possibilità di distruggere le cellule) porta alla fine proprio a un atto irreversibile. L’uccisione di Abalkin è in realtà una non-soluzione, che ha un carattere liberatorio per la vittima e non per l’assassino. Abalkin potrebbe essere stato spinto proprio dalle circostanze create da Sikorski a cercare di impadronirsi del detonatore, oppure potrebbe essere effettivamente un automa azionato dai Nomadi. È il lettore che deve scegliere la spiegazione che più gli piace: vedere i due eroi del dramma come un giustiziere e un emissario dell’ignoto oppure come una formica ed un innocuo scarabeo. 1 Vladimir Fëdorovič Odoevskij (1803–1869) scrisse L’anno 4338 nel 1840, ma il romanzo fu pubblicato solamente nel 1926. (N.d.R. ) 2 Nikolaj Fëdorovič Fëdorov (1829–1903), filosofo e bibliotecario moscovita, amico di Dostoevskij e Tolstoj. (N.d.R. ) 3 Aleksandr Ivanovič Kuprin (1870–1938), pilota, avventuriero e scrittore sovietico. (N.d.R. ) 4 Vladimir Vladimirovič Majakovskij (1893–1930), artista, poeta e letterato georgiano. (N.d.R. ) 5 Jurij Karlovič Oleša (1899–1960), letterato sovietico. Smise di scrivere nel 1934. Venne arrestato come “individuo sospetto”, ma riabilitato nel 1956. (N.d.R. ) 6 Velimir Chlebnikov (1885–1922), poeta amico di Majakovskij, amante del nomadismo. 7 Lo Sputnik 1 (parola che in russo significa “compagno di viaggio”) è stato il primo satellite artificiale della storia ad entrare in orbita. Venne lanciato il 4 ottobre 1957 dal cosmodromo di Baikonur (Kazakistan). (Wikipedia) 8 Jurij Alekseevič Gagarin (1934–1968), colonnello dell’aviazione sovietica, è stato il primo uomo a volare nello spazio ed a portare a termine la missione. (N.d.R. ) 9 Gli scrittori Jurij Daniel’ ed Andrej Sinjavskij subirono il primo processo politico pubblico nell’epoca del post-stanilismo, nel febbraio del 1966. Malgrado il processo fosse stato preceduto da varie agitazioni popolari, i due scrittori vennero condannati rispettivamente a 5 ed a 7 anni di lavori forzati. (N.d.R. )
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